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01 – INDICAM NEWS

BRANDING AL TEMPO DEL COVID-19 Realtime e marca nell’emergenza attuale

di

di Sara Zannelli

Incertezza: potremmo raccontare attraverso questa parola-ombrello il periodo attuale. La sentiamo riferita ai mercati, al futuro, alla sanità e alla durata del, per alcuni, famigerato #iorestoacasa.

Le informazioni veicolate e i contatti sociali (virtuali) creano un rumore ridondante e continuo dove emerge un unico argomento. Guardando ai consumi, quello che stiamo vivendo è un momento storico caratterizzato da un marcato sbilanciamento verso i beni che riguardano la sfera del “bisogno” piuttosto che quella dei “desideri”.

Come possono fare le aziende, quindi, a raggiungere, in questo contesto così difficile, il più arduo dei compiti del fare comunicazione di marca, ovvero rafforzare il branding senza voler vendere il prodotto in ogni modo? Le imprese di marca si trovano infatti su un filo di lama pericoloso e pericolante: veicolare i propri valori mantenendo un rapporto (anch’esso virtuale) vivo e vitale con i consumatori, ma senza cadere nell’errore del “profitto ad ogni costo”.

Se molti brand hanno preferito sviluppare una strategia low-profile, concentrata su una comunicazione più basica e orientata alla futura ripresa (#celafaremo), altre, riprendendo quell’ideogramma (cinese) tanto citato nel passato 2008 che affermava che “crisi è opportunità”, hanno strutturato campagne comunicative in grado di essere reattive e di rispondere velocemente a un “enorme e disarmante” stimolo esterno come il Covid-19.

Ed ecco che torna quel pensiero che rimane latente e che aspetta il momento giusto (o sbagliato) per uscire: il Realtime Marketing, o meglio, come afferma l’economista statunitense David Meerman Scott, la capacità di un’azienda di fare marketing minuto per minuto, legandosi così al buzz creato da un evento o un trending topic e far parlare di sé, o meglio della marca.

Abbiamo, quindi, imprese come Tempo (www.tempo.net), Brembo (www.brembo.com) o WeRoad (www.weroad.it) (in ben due casi, prima con una campagna e poi per rispondere alle critiche di quest’ultima) che sono riuscite a comunicare e comunicarsi in questo momento così difficile.

Il filo conduttore: l’ironia, non scontata e non banale, capace di strappare un sorriso ai consumatori, ma senza l’impressione di uno sciacallaggio comunicativo.

Tutte le aziende, quindi, avrebbero dovuto strutturare campagne di questo genere? Assolutamente no, per questi tre diversi ordini di motivi (sfatando così anche alcuni miti!):

1) Ci vuole una strategia: non facciamoci prendere dal fatto che il realtime marketing, per essere efficace, debba essere “impulsivo”-  cavalcare l’onda per intenderci – e pertanto debba essere veloce. Attività di questo tipo hanno bisogno di una strategia chiara e integrata nell’immagine globale della marca.  Le insidie sono dietro l’angolo e i casi negativi ad oggi sono forse superiori a quelli positivi, anche in questa situazione e in questo preciso contesto.

2) Il realtime marketing deve seguire le regolamentazioni in materia di comunicazione e non utilizzare o ledere in alcun modo titoli di proprietà intellettuali altrui.

3) Rimanere nel proprio “spazio”: non si può non comunicare cita il primo assioma di Watzlawick, questo non vale per le aziende. Infatti, voler dire per forza qualcosa non è mai una scelta efficace. Le aziende devono riferirsi al proprio target che non è sicuramente facile da raggiunge in uno spazio che non è quello dell’azienda.

Per ritornare alla situazione attuale, ne usciremo, non sappiamo quando, ma ne usciremo. C’è chi dice che ritorneremo più forti di prima e chi che questo prima sarà molto diverso dal dopo. Certo è che i consumatori si ricorderanno sia delle comunicazioni “Sono dei geni” (togliendo qualsivoglia francesismo), sia dei famosi buchi nell’acqua!

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