L’impatto del COVID-19 sugli investimenti IP
di Claudio Bergonzi
La crisi generata dalla pandemia da Covid-19 ha un impatto che ancora non è visibile sulle imprese in tutta la sua prevedibile ampiezza. L’inevitabile contrazione dei budget e delle aspettative economiche almeno per il 2020 potrebbe anche avere una diretta ricaduta sugli investimenti in proprietà intellettuale? Partendo da questa domanda ci siamo posti dall’inizio del lockdown in comunicazione sia con gli organi preposti alla registrazione in Italia che in Europa. Del nostro Paese parlerò successivamente, mi concentro ora sull’Europa. Con le maggiori associazioni omologhe di INDICAM su scena continentale, ossia ACG per UK, Unifab per la Francia, APM per la Germania, Andema per la Spagna e Abac per il Belgio, abbiamo deciso di coinvolgere il direttore esecutivo di EUIPO per sollecitare una serie di considerazioni tese a ottenere interventi per limitare, riducendoli, o comunque mitigare, post-ponendoli, i costi derivanti dai depositi e dai rinnovi dei titoli IP. La lettera inviata è stata poi seguita anche da contatti diretti, che in un clima di consueta collaborazione tra noi e EUIPO, ha chiarito gli scenari sui quali ci si muove.
Si tratta, infatti, non solo di una partita tecnica in cui EUIPO decide in autonomia del proprio budget e delle proprie regolamentazioni. Mi è stato spiegato che si tratta di una materia più complessa, che vede Bruxelles come soggetto principale. Perciò con un’altra lettera, noi sei associazioni abbiamo indirizzato analogo messaggio anche alla DG della Direzione internal market, Kirsten Jorna.
Finora in Europa una decisone non è stata presa. Dall’ufficio della signora Jorna ci è stato chiesto come si fossero finora mossi gli uffici marchi nazionali e per questo, come INDICAM, abbiamo potuto indicare ciò che, confrontata con i colleghi Europei, è parsa la soluzione finora più efficace per un parziale sollievo nei costi delle imprese per il rinnovo dei titoli IP.
Prima di addentrarmi, quindi, sulla scena nazionale, rilevo comunque che è un poco bizzarra la richiesta proveniente da Bruxelles, quando dovrebbe essere il contrario a dover accadere, ossia Stati membri che chiedono come si muove il Governo Europeo. Evidentemente la “timidezza” continentale passa anche da questi segnali.
Ad ogni modo ecco la situazione in Italia. In base al Decreto cosiddetto “Cura Italia”, il 18 del 17 marzo 2020, in particolare all’articolo 103 comma 2, si determina che “Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza”.
Ciò significa che a decorrere dal 31 luglio 2020, data al momento della cessazione dell’emergenza sanitaria, decorreranno altri 90gg per ritenere validi i certificati scaduti, così come saranno estesi i termini per il loro pagamento. Da dire che, in base alle informazioni in nostro possesso e provenienti da Roma, sembra che l’emergenza potrebbe essere prorogata di ulteriori due mesi almeno, quindi dando possibilità di arrivare con i 90gg successivi alla fine dell’anno 2020.
Questo misura è di per sé positiva ed INDICAM, comunque, ha provato ad intervenire con un’attività di lobbying presso vari deputati per la presentazione di emendamenti che andassero nella direzione di proseguire la proroga dei termini così come puntassero alla riduzione, almeno per gli esercizi 2020 e 2021, del totale tasse. Questa iniziativa, coerente con la richiesta condotta in Europa di cui sopra ho accennato, tuttavia ha per ora incontrato terreno fertile in termini di adesione dei deputati, ma poi nella traduzione in realtà inserendo nel DPCM la misura evidentemente sono intervenuti altri spunti che non hanno fatto, per ora, proseguire la nostra proposta.
La cosa certa, comunque, è che stiamo, anche con un contatto diretto con UIBM, monitorando costantemente la situazione. Crediamo, infatti, e lo stiamo ribadendo in ogni occasione, che sarebbe un rischio non prevedere meccanismi incentivanti la PI, nel momento in cui scelte drastiche delle imprese nei tagli di risorse potrebbero avere effetti catastrofici sul portfolio titoli, esponendo eccellenze e innovazioni al rischio di essere resi meno forti con protezioni ridotte.
Al pari, stiamo mantenendo la pressione sull’Europa alta, affinché il meccanismo dei depositi e dei rinnovi anche su quella scena sia rivisto almeno per un paio di esercizi, per dare all’IP una chance di essere ulteriormente rafforzato per imprese che, per rilanciarsi, ne avranno bisogno più che mai.
Per maggiori approfondimenti:
Joint Associations letter on COVID19 230420
Joint Associations’ letter on COVID19 to Ms Jorna
Link alla GU https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/04/29/20G00045/sg
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