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01 – INDICAM NEWS

La figura del marketing influencer tra IAP, Tribunali e Autorità Garanti

di Elena Carpani, EY

NL 06.2024

Correva ancora l’anno 2016 quando l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (“IAP”) varava un Regolamento (c.d. “Digital Chart”) destinato a indicare a tutti gli operatori del mercato gli accorgimenti opportuni – dovuti – per evitare forme di pubblicità occulta, nel rispetto del principio di trasparenza e riconoscibilità della comunicazione, Regolamento dal 2019 poi confluito nel Codice di Autodisciplina Pubblicitaria.

L’anno successivo, nel 2017, l’Autorità Antitrust, con il supporto del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza, inviava dunque lettere di moral suasion ad alcuni degli Influencer più noti e alle società titolari dei marchi sponsorizzati senza la chiara indicazione della possibile natura promozionale della comunicazione, ribadendo come il divieto di pubblicità occulta debba essere applicato anche alle comunicazioni diffuse tramite social network.

Sei anni dopo, con comunicato del 17 luglio 2023, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (“AGCOM”) prospettava un’estensione della normativa vigente in materia di media audiovisivi alla figura dell’Influencer. Il 16 gennaio 2024 seguiva un testo di Linee Guida mirate a garantire il rispetto delle disposizioni del testo unico da parte di tali soggetti, che per la prima volta sono stati identificati in una definizione: l’influencer è quel soggetto che ha “il controllo sulla creazione, produzione o organizzazione” dei contenuti che pubblica e che svolge “un’attività analoga o comunque assimilabile a quella dei fornitori di servizi di media audiovisivi sotto la giurisdizione nazionale”.

Veniva quindi istituito un tavolo tecnico incaricato di redigere un Codice di Condotta contenente regole e principi diretti a disciplinare l’attività degli influencer.

I lavori del tavolo sono ancora in corso.

Da ultimo, con sentenza del 4 marzo 2024, n. 2615, il Tribunale di Roma ha definito ‘marketing influencer’ l’“esperto di settore che, con i propri post, permette di offrire maggiore visibilità a prodotti o servizi da lui promossi, avvalendosi dei canali web che ritiene più opportuni ed adeguati”. Il Tribunale, soprattutto, si è pronunciato sul rapporto tra questi e il soggetto a favore del quale presta la propria attività qualificandolo agenzia ex art. 1742 del codice civile e seguenti o procacciamento d’affari a seconda delle circostanze concrete (l’influencer sarà un agente se il rapporto di collaborazione con il preponente è stabile e continuativo, altrimenti un procacciatore d’affari).

Questo contributo intende cogliere i punti di connessione tra questi interventi, in particolare i più recenti, al fine di individuare un fil rouge che li colleghi.

Alla ricerca di una definizione

La necessità di una definizione univoca di marketing influencer si scontra con la pluralità di attività diverse che svolgono gli influencer. La pubblicazione di contenuti sui social con finalità remunerative supera evidentemente la libertà di espressione e sconfina in un’attività imprenditoriale frutto di un accordo tra privati: si tratta della diffusione di un messaggio attraverso media audiovisivi (tali sono per l’AGCOM i canali social), avente natura e finalità pubblicitaria (e quindi sottoposto alle regole della  Digital Chart) per conto di un soggetto terzo che, per il  Tribunale di Roma, in certi casi può essere qualificato come preponente. Da un lato entra quindi in gioco l’intervento dell’Agcom che ha valorizzato lo strumento adoperato e il relativo impatto – i media audiovisivi – e, dall’altro, quello del Tribunale di Roma che si è concentrato sul sinallagma contrattuale del contratto di agenzia o di procacciamento d’affari. A ben vedere, in realtà, sono soltanto diversi i rapporti giuridici contemplati: il primo tra influencer e consumatore; il secondo, invece, tra influencer e azienda cliente.

La doppia mezza disciplina

Se non è semplice trovare una definizione che accontenti tutti, figuriamoci una disciplina. Perimetrare giuridicamente un’attività mediante una disciplina unitaria suppone, del resto, che unica sia la ratio/finalità della disciplina applicabile. Questo tuttavia non è, ad avviso di chi scrive, intuitivo, atteso che radicalmente distinta è perfino la matrice giuridica dei rapporti considerati e appena richiamati: in un caso ci si ispira ai principi costituzionali che muovono lo stato sociale verso la tutela del cittadino-consumatore, nell’altro è ovviamente prevalente la matrice squisitamente civilistica. Ciò significa due (o potenzialmente più) discipline parallele.

Conclusioni

Sono trascorsi quasi dieci anni da quando sono stati recepiti i primi segnali di una nuova esigenza e otto da quando questi segnali hanno trovato un primo riscontro normativo, seppur limitato al settore pubblicitario. In questi stessi anni, come ampiamente dimostrano i fatti di cronaca ormai all’ordine del giorno, la figura dell’influencer ha assunto un ruolo sempre più incisivo. Ad oggi la Digital Chart è l’unico testo normativo dedicato in modo specifico alla comunicazione commerciale veicolata da influencer o altre figure simili (celebrity, blogger, vblogger) a cui si aggiungerà l’emanando codice di condotta dell’Agcom che, sulla base dell’intenzione delle due autorità coinvolte, dovrebbero essere complementari.

Tutto questo sembra suggerire che, oggi, il fenomeno dell’influencer marketing non può sfuggire a una frammentazione della sua disciplina. Ma questo è il quadro nel quale non si sa se augurarsi, o meno, ulteriori interventi del legislatore che dovrebbe tenere conto delle previsioni già contenute in documenti di altre autorità.

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Author: INDICAM

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