IP RIGHTS INFRINGEMENTS AS THE SECOND MOST PROFITABLE INDUSTRY FOR ORGANIZED CRIME
di Mariachiara Anselmino
Dopo l’International Conference dello scorso ottobre, INDICAM affronta nuovamente il tema della contraffazione e dei suoi legami con il crimine organizzato in un evento dal taglio transnazionale, reso possibile grazie al prezioso contributo di un panel di esperti di diversa estrazione.
A partire dal Marco Musumeci, Programme Coordinator di UNICRI, l’Istituto internazionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul crimine e la giustizia, che ha rappresentato come la contraffazione costituisca un’opportunità d’oro per i gruppi criminali, che oggi diversificano sempre di più le loro attività, abbandonando le rigide strutture della criminalità organizzata tradizionale per rendersi network fluidi e flessibili, in grado di massimizzare i propri profitti grazie a traffici di droga, riciclaggio, tratta di esseri umani, crimini ambientali e ovviamente contraffazione. A testimonianza di questo enorme business ci sono numerose operazioni condotte da Interpol ed Europol, che evidenziano la natura internazionale dei crimini contro la proprietà intellettuale, esplosi durante la pandemia da Covid-19.
Di impatto socioeconomico della contraffazione, modus-operandi dei criminali e contrasto alla frontiera, ne hanno invece parlato Stephen Stern, Partner e Chairman del Gruppo IP dello studio legale Corrs Chambers Westgarth di Melbourne, e Rodney Jeffs, Assistant Director delle dogane australiane, i quali sono riusciti ad offrire, oltre che ad un interessante spaccato sui traffici illeciti nel continente oceanico, anche importanti spunti di riflessione sugli strumenti a disposizione dell’enforcement contro le importazioni di prodotti che violano diritti di proprietà intellettuale e sui gap ancora esistenti nel sistema giuridico, nell’educazione all’acquisto originale del consumatore, nell’approccio governativo e in quello delle imprese che vedono violati i propri diritti.
Grazie ad Emanuela Truffo, Avvocato dello studio legale Jacobacci, abbiamo osservato le similitudini e differenze che uniscono e dividono Australia e Unione Europea, con particolare attenzione all’Italia e al ruolo del crimine organizzato nel controllo della filiera di prodotti contraffatti. Le risultanze di questa analisi ci raccontano come tuttora la pericolosità degli “IP crimes” non sia propriamente percepita e quanto questo genere di illecito non sia prioritario nelle agende politiche degli Stati, comportando un evidente indebolimento nell’azione di enforcement.
A chiudere l’evento è stata la Professoressa Felia Allum, Senior Lecturer presso l’Università di Bath, con un intervento davvero inedito sul ruolo delle donne nel crimine organizzato, sulle ragioni – culturali, sociali, ambientali – per cui non si pensa alla donna come soggetto in grado di commettere atti delittuosi e più in generale sulle conseguenze che questo bias di genere comporta in termini di raccolta e analisi dei dati sul crimine e soprattutto sul piano del contrasto alle organizzazioni criminali e ai traffici illeciti.
Ancora una volta abbiamo avuto modo di apprezzare l’importanza di questi momenti formativi, arricchiti dall’esperienza e dalla competenza di professionisti di background differenti in grado ciascuno di costituire un tassello fondamentale dell’arazzo, complesso e multiforme, del crimine organizzato.ù
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