DIGITAL SERVICES ACT – Update in vista della proposta della Commissione Europea
di
di Mariachiara Anselmino
Che il digitale avrebbe ricoperto un ruolo cruciale nel ridisegno di una nuova Europa sotto la Commissione von der Leyen era qualcosa che già ci era stato anticipato dalla stessa Presidente nello speech di apertura della seduta plenaria del Parlamento Europeo a luglio 2019 e poi rinforzato nel settembre 2020, nel discorso sullo stato dell’Unione. Dopo 9 mesi dallo scoppio di una pandemia globale che se non altro ci ha ricordato quanto siano importanti gli investimenti nella ricerca, nelle tecnologie, nella digitalizzazione a servizio delle imprese e dei cittadini.
Nelle parole di Ursula von der Leyen c’era sì la visione di un’Unione Europea leader della rivoluzione digitale, ma allo stesso tempo una promessa cristallina di trasparenza, equità e sicurezza per operatori e fruitori della rete, con un richiamo esplicito al concetto di responsabilità.
In tale quadro si è inserito il Digital Services Act, un pacchetto di norme volto a rinsaldare il Mercato Interno per i servizi digitali, accrescendo e armonizzando le responsabilità delle piattaforme e dei provider di servizi di informazione, con l’obiettivo di intensificare la supervisione sulle policy degli operatori digitali relative ai contenuti online.
Nella sostanza si tratta di una vera e propria revisione della vecchia Direttiva E-Commerce del 2001, l’attuale legge vigente che regola gli obblighi degli Internet service provider, evidentemente datata e obsoleta rispetto al corrente ecosistema digitale che nel frattempo ha subito considerevoli trasformazioni, con l’ingresso sul mercato di social media, piattaforme di commercio elettronico e altre società di servizi che al momento della stesura della Direttiva 31/2000 non potevano certamente esistere nella mente del legislatore.
Un secondo blocco di norme, il Digital Markets Act, sarà emanato per assicurare trasparenza ed equità dei mercati caratterizzati dalla massiccia presenza dei cosiddetti “gatekeepers”, ovvero i giganti del web con un importante peso sul traffico digitale, così da permettere medesime chance di successo anche ad altre realtà imprenditoriali e innovative.
Il progetto della Commissione von der Leyen è ambizioso ed encomiabile, soprattutto preso atto del ruolo dominante sul mercato delle piattaforme digitali e della loro influenza nel dibattito pubblico. Per gli stessi motivi, il percorso che anticipa l’emanazione di questo corposo pacchetto di regole è stato lungo e tortuoso, a cominciare dalla Consultazione pubblica lanciata dalla Commissione a giugno 2020. L’indagine, volta a raccogliere dati, esperienze, osservazioni e commenti della comunità di stakeholders sulla formulazione del futuro assetto normativo per i servizi digitali, scandagliava diversi temi, dalla sicurezza online alle libertà fondamentali alle garanzie di un equo accesso alle opportunità della rete. Alla scadenza della consultazione, l’8 settembre, è stata da subito evidente la forte e compatta risposta delle piattaforme e delle relative associazioni di categoria, che chiedevano a voce unanime la conferma delle esenzioni di responsabilità accordate dalla Direttiva E-Commerce e il rigetto della richiesta di introdurre obblighi di monitoraggio sui contenuti dei terzi, invocando la libertà di espressione come un diritto la cui integrità sarebbe stata messa a rischio se si fosse andati incontro alle istanze della controparte.
D’altro lato, tra le oltre 3000 submission inviate, si è attestato un generale riconoscimento della necessità di un’armonizzazione normativa, a beneficio della competitività e solidità del Mercato Unico UE, oltre che dell’importanza di creare un ambiente digitale più sicuro, seppur mantenendo intatto il regime di responsabilità limitata racchiuso nella Direttiva 31/2000.
Il Parlamento Europeo, che ricordiamo condivide il potere legislativo con la Commissione Europea – oltre che con il Consiglio -, ha votato nella plenaria di ottobre due relazioni di iniziativa legislativa redatte dalle commissioni permanenti JURI (giuridica) e IMCO (mercato interno e protezione dei consumatori), che hanno convenuto sui seguenti punti fondamentali:
- “Rispondere alle attuali carenze dell’ambiente online con il pacchetto di leggi DSA”[1]
- Introdurre un “meccanismo vincolante di notice & take down per fronteggiare i contenuti illegali online”.
Nello specifico, la commissione JURI chiede “maggior chiarezza alle piattaforme e maggiori garanzie a tutela dei diritti fondamentali degli utenti, tra cui l’accesso ai mezzi di ricorso giudiziario e regole più severe per gestire i contenuti dannosi”. Viene inoltre affrontata la questione degli annunci target che impediscono agli utenti di avere un reale controllo sull’accesso ai contenuti e la necessità di una raccolta dei dati più trasparente.
La commissione IMCO con riguardo all’ambito di applicazione del nuovo framework normativo raccomanda anzitutto di distinguere tra attività economiche e non economiche, e tra “diversi tipi di servizi digitali ospitati dalle piattaforme piuttosto che concentrarsi sul tipo di piattaforma”, rimarcando l’importante concetto che nel riconoscimento di un’esenzione di responsabilità bisogna guardare all’effettiva condotta della piattaforma e non alla sua categoria di appartenenza. Gli MPs sottolineano inoltre come tutti i fornitori di servizi digitali stabiliti in Paesi Terzi debbano rispettare le regole della DSA quando indirizzano i loro servizi ai consumatori o agli utenti nell’UE.
Ciò che è illegale offline lo è anche online e per tale motivo i consumatori si devono sentire sicuri anche quando acquistano in rete; le piattaforme devono quindi migliorare i loro sforzi per individuare contenuti illeciti e “bad actors”, per esempio istituendo meccanismi di notice & take down efficaci e accessibili e applicando il cosiddetto principio “Know Your Business Customer” che impone di controllare e bloccare i soggetti fraudolenti che utilizzano le piattaforme per vendere i loro prodotti e contenuti illegali e non sicuri.
Altre istanze della commissione IMCO hanno a che vedere con la trasparenza, un principio che deve guidare inevitabilmente il cambiamento dell’ecosistema digitale. Si richiede infatti che gli intermediari online vengano giuridicamente obbligati a condividere informazioni con gli utenti, che molto spesso non hanno contezza della presenza di prodotti insicuri venduti online o che addirittura non ricevono alcuna comunicazione che li avverta che il prodotto che hanno acquistato è stato rimosso dai listing perché illegale. Tornano poi le richieste sulla necessità di ridare controllo ai consumatori sui contenuti e su come questi siano classificati in base ai sistemi di AI utilizzati dalle piattaforme. Allo stesso modo alla Commissione è fatto reclamo di regolamentare in maniera più decisa la pubblicità mirata, perché sia meno intrusiva nel tracciamento delle interazioni tra utente e contenuto.
Le proposte contenute nelle due relazioni approvate dal Parlamento Europeo sono sicuramente di buon auspicio, preponendosi l’obiettivo di garantire maggiori responsabilità in capo agli intermediari online e maggior protezione per i consumatori. Tuttavia, all’interno dello stesso PE si sono avvertite diverse resistenze, soprattutto con riguardo agli obblighi di “filtering”, che potrebbero limitare significativamente la libertà di espressione. È quindi quantomai fondamentale evidenziare come prevenire che prodotti in violazione compaiono sulle piattaforme non abbia nulla a che vedere con la restrizione di diritti fondamentali.
Nelle prossime settimane la Commissione Europea, dopo una finale consultazione interna, procederà con la sua proposta sul pacchetto di norme Digital Services Act che in un modo o nell’altro segnerà un cambiamento radicale, come prima di una serie di regole atte a rendere questo vasto mondo, che oggi più che mai sembra sfuggire a qualsiasi disciplina, forse un po’ più a servizio di coloro per i quali è stato creato.
[1] v. Briefing sessione plenaria 19-23 ottobre https://www.europarl.europa.eu/news/it/agenda/briefing/2020-10-19/1/le-proposte-del-parlamento-sulla-futura-normativa-sui-servizi-digitali
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