LA RIVALUTAZIONE DEI BENI DI IMPRESA
Di Elena Carpani e Daniele Caneva – EY Studio Legale e Tributario
Introduzione normativa.
Con l’art. 110 del Decreto Agosto n. 104/2020, convertito con L. n. 126 del 13 ottobre 2020, è stata introdotta la possibilità per le imprese di rivalutare i propri beni, materiali e immateriali, e le proprie partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019. La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto relativo all’anno fiscale 2020.
L’intento del legislatore è stato diretto ad incentivare l’adeguamento dei singoli valori contabili risultanti in bilancio ai valori di mercato, tramite il pagamento per le imprese beneficiarie di un’imposta sostitutiva fortemente ridotta rispetto alle aliquote previgenti.
Tra le novità introdotte, spicca tra tutte la possibilità di applicare l’effetto della rivalutazione anche a singoli beni. L’abbandono delle categorie omogenee di beni, come previsto nelle precedenti stagioni normative, ha l’effetto di garantire maggiori spazi di manovra alle strategie aziendali: si pensi ad una azienda titolare di 5 marchi d’impresa, di cui si ha intenzione di tenerne 2 a lungo termine, e di cederne i restanti 3 a titolo oneroso: sarà così possibile, potendo rivalutare singoli beni, affrancare il maggior valore dei soli marchi oggetto di futura cessione, tramite il pagamento di un’imposta sostitutiva molto vantaggiosa.
Soggetti destinatari e beni rivalutabili.
Dall’interpretazione della norma in esame, è possibile delimitare il perimetro soggettivo e oggettivo della rivalutazione dei beni di impresa.
L’istituto è anzitutto destinato solamente ai soggetti giuridici che redigono il bilancio secondo i principi contabili nazionali espressi dal Codice Civile. Pertanto, non potranno avvalersi dell’agevolazione i soggetti che adottano i principi contabili internazionali per la redazione del bilancio.
Sotto il profilo soggettivo, la rivalutazione opera per le società di capitali (S.r.l., S.p.a., S.a.p.a.), le società di persone (S.n.c., S.a.s., imprese individuali) le cooperative e le società di mutua assicurazione, le società europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001, le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003, i trust, gli enti pubblici e privati diversi dalle società e, infine, gli enti non commerciali.
Sotto il profilo oggettivo, con riferimento alla definizione di beni immateriali, nell’ambito della disciplina sulla rivalutazione non risulta essere mai stato fatto un rinvio alla definizione dell’OIC 24, secondo la quale “I beni immateriali sono beni non monetari, individualmente identificabili, privi di consistenza fisica e sono, di norma, rappresentati da diritti giuridicamente tutelati. Un bene immateriale è individualmente identificabile quando:
- è separabile, ossia può essere separato o scorporato dalla società e pertanto può essere venduto, trasferito, dato in licenza o in affitto, scambiato; oppure
- deriva da diritti contrattuali o da altri diritti legali, indipendentemente dal fatto che tali diritti siano trasferibili o separabili dalla società o da altri diritti e obbligazioni. Essi comprendono diritti di brevetto industriale, diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, concessioni, licenze, marchi e altri diritti simili”.
L’Agenzia delle Entrate, nelle diverse circolari che si sono succedute, ha chiarito che le immobilizzazioni immateriali che è possibile rivalutare sono costituite da diritti giuridicamente tutelati quali, ad esempio: i diritti di brevetto industriale ed i diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno, i diritti di concessione, licenze, marchi, know-how, altri diritti simili iscritti nell’attivo del bilancio ovvero, ancorché non più iscritti in quanto interamente ammortizzati, che siano ancora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni normative.
Viceversa, non possono essere rivalutati, tra gli altri, avviamento e costi pluriennali (Cfr. Circolare n. 207/2000).
A commento del passaggio della citata circolare relativo ai beni immateriali, l’Assonime (cfr. circolare n. 23 del 2006) ha precisato che la nozione di beni immateriali prospettata dall’Agenzia è una “definizione ampia che comprende, dunque, non soltanto beni che esprimono diritti assoluti, di portata generale, ma anche quelli, quali il know how e altri diritti similari, che possono essere fatti valere solo nei rapporti inter partes”.
Per quanto concerne la nozione di beni “risultanti dal bilancio”, e alla questione circa la possibilità di rivalutare beni completamente ammortizzati, sembra rilevante la formulazione dell’articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale n. 162 del 2001 – le cui disposizioni si applicano ai sensi dell’articolo 110, comma 7, del Decreto Agosto, “in quanto compatibili” anche alla rivalutazione de quo – il quale afferma che:
- la rivalutazione è applicabile anche ai beni completamente ammortizzati;
- i beni immateriali completamente ammortizzati, si intendono posseduti e sono dunque rivalutabili qualora gli stessi siano tuttora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni in materia.
Nella relazione illustrativa al citato D.M. n. 162/2001 è stato chiarito che i “beni completamente ammortizzati si intendono posseduti se risultanti dal bilancio o rendiconto ovvero, per i soggetti in contabilità semplificata dal libro dei cespiti ammortizzabili e, per i soli beni immateriali completamente ammortizzati, se gli stessi sono tuttora tutelati ai sensi delle vigenti disposizioni in materia”.
Secondo l’Assonime (Cfr. circolare n. 23 del 2006), tale impostazione non esclude che la regola che consente di dare la prova dell’esistenza dei beni immateriali sul presupposto della presenza di una loro tutela giuridica, possa ritenersi valida anche nei casi in cui la mancata rilevazione di essi nell’attivo dello stato patrimoniale dipenda da cause diverse da quella dell’ammortamento “entro conto”, quale può essere, ad esempio, l’imputazione immediata al conto economico dell’esercizio di sostenimento dei costi di acquisizione dei beni immateriali (come è, ad esempio, il caso frequente che attiene ai marchi d’impresa per i quali i costi di acquisizione sono, talvolta, costituiti dalle sole spese sostenute per la loro registrazione).
Ciò premesso, l’ultima parola è lasciata all’Agenzia delle Entrate, a cui compete l’interpretazione della normativa tributaria in relazione alla sua applicazione a casi concreti, e alla quale è immaginabile che a breve verrà presentata istanza di interpello ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente).
Un altro aspetto che auspicabilmente verrà a breve chiarito è come l’agevolazione fiscale prevista dal Decreto Agosto, si concili con il principio contabile OIC-24, il quale, nell’enunciare i criteri sull’ammortamento dei beni immateriali in bilancio, prevede che tali beni vengano ammortizzati per un periodo di tempo non superiore alla loro residua vita utile (art. 71).
Per i marchi, che non hanno un tempo di durata limitato nel tempo, potendo essere rinnovati al termine del periodo di efficacia, è previsto che la stima della loro residua vita utile sia di 20 anni. Pertanto, l’ammortamento non potrà eccede tale periodo di durata.
L’agevolazione prevista.
Con la previgente Legge di Bilancio 2020 la rivalutazione poteva avvenire mediante il pagamento di due diverse aliquote sui beni rivalutati:
- 10% per i beni non ammortizzabili;
- 12% per i beni ammortizzabili.
Il Decreto Agosto ha inteso operare in modo mirato sotto il profilo agevolativo, concedendo alle imprese la possibilità di avvalersi di un regime di tassazione ancor più ridotto.
Infatti, l’impresa potrà ora affrancare i propri beni tramite il pagamento di una imposta sostitutiva delle Imposte sui Redditi, dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive e di eventuali addizionali, nella misura del 3% sul valore aggiunto del bene rivalutato.
L’imposta andrà calcolata soltanto sul maggiore valore attribuito ai beni d’impresa per effetto della rivalutazione. A titolo d’esempio, per un brevetto, il cui valore iscritto a bilancio è di € 100.000 e che, per effetto della rivalutazione, abbia assunto il valore di € 150.000, l’imposta verrà calcolata solo sul maggior valore, corrispondente al 3% di € 50.000.
La necessità di un assessment.
Nel panorama prospettato dal legislatore, la rivalutazione dei beni di impresa merita di essere valutata con attenzione dalle imprese.
Se, da un lato, la consulenza di un fiscalista è di fondamentale importanza, un ruolo estremamente rilevante lo rivestono gli esperti in diritto industriale. L’assessment diretto all’esatta individuazione dell’ambito oggettivo della rivalutazione non può che essere rimesso alla loro valutazione.
E così, per esempio, sarà necessario verificare se si sia possibile identificare una famiglia di marchi che porti a costituire un asset unico piuttosto che una molteplicità di marchi; bisognerà verificare con attenzione lo stato amministrativo del marchio, ossia se siano stati eseguiti in modo corretto rinnovi ed estensioni; bisognerà fare un assessment sul “legal status” del marchio registrato per accertare se vi siano opposizioni, cancellazioni, cause di nullità e pendenza di eventuali questioni stragiudiziali.
Abbiamo fornito alcuni spunti di riflessione per considerare l’opportunità di ricorrere all’ agevolazione fiscale di nuova introduzione. Più di uno, come si è detto, sono, ad oggi, i temi che l’Agenzia dovrà chiarire speriamo a breve.
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