Perchè abbiamo bisogno di dati?
La forza di poter parlare con gli esempi e l’esperienza
di Lucia Toffanin
Quanto spesso siamo bombardati da richieste di condivisione di dati? A volte arrivano, con poche variazioni, da una molteplicità di soggetti e non sempre la finalità e l’utilizzo dei dati raccolti sono chiari e facilmente comprensibili. Continuamente siamo affamati di dati e informazioni provenienti da diverse fonti che servano da base per suffragare tesi e posizioni portate nelle sedi Istituzionali e nel dibattito con gli operatori economici.
Noi per primi ci mettiamo in cima alla lista di coloro che hanno un’estrema necessità di informazioni sempre aggiornate e precise. Le nostre posizioni, infatti, ricevono una spinta maggiore e più solida se fondate su case studies e dati empirici. E questo lo vediamo soprattutto in due circostanze molto diverse ma che danno la misura dell’importanza di avere accesso diretto alla fonte: nell’attività di lobbying e advocacy verso le Istituzioni e il decisore pubblico da un lato, nella richiesta di collaborazione e proattività delle grandi piattaforme di e-commerce dall’altro.
Nel primo caso, il confronto con le Istituzioni ci richiede precisione e concretezza: il decisore si rivolge a INDICAM perché ci ritiene un interlocutore affidabile e preparato, noi d’altro canto ci confrontiamo con le Istituzioni per portare l’attenzione sui temi urgenti per la community IP (si veda la discussione sull’EMPACT), per innescare il dibattito su dossier chiave anche a livello nazionale (si veda il confronto sul DSA iniziato lo scorso 26 marzo nell’evento “The Online Labyrinth”) e per presentare quelle priorità e necessità che arrivano dai nostri Associati (open hearing dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli).
Nel secondo caso, ovvero il dialogo con le piattaforme di e-commerce, la presenza di dati e informazioni di dettaglio sono essenziali per andare alla radice del problema e instaurare una collaborazione nella lotta alla contraffazione online. Le piattaforme, che per loro stessa natura sono data-driven, dovrebbero, e in alcuni casi lo fanno, aggiornare e integrare le politiche e gli strumenti di tutela dei brand owner proprio attraverso le segnalazioni e i dati che ricevono. Il nostro compito è quindi di spingere questi soggetti a fare di più e fare meglio, alzando il livello del confronto rispetto a quanto previsto da normative come il DSA che abbiamo visto non essere sufficiente a garantire una tutela adeguata dei diritti di proprietà industriale.
Come terza parte, abbiamo una posizione privilegiata e decisiva nel difendere gli interessi delle aziende, senza pretesa di sostituirci a queste. Un’azione di lobbying efficace deve essere fatta insieme, aziende e Associazione, entrambi ingaggiati verso lo stesso obiettivo. Nessuno nega che l’azienda o il professionista possano efficacemente raggiungere l’obiettivo di influenzare il decisore anche da soli, che possano ottenere buoni rapporti con stakeholders e marketplace attraverso un confronto one-to-one. Tuttavia, si avverte la sensazione che ciò non basti.
La nostra attività e impegno sono amplificati dalla forza di oltre 160 associati che presentano istanze certe attraverso una pluralità di voci e chiedono un confronto trasparente e costruttivo. Le nostre posizioni sono costruite sui dati e informazioni raccolte sul campo, l’esperienza dei nostri associati e la reputazione costruita in anni ci permettono di chiedere ed essere ascoltati attraverso un canale privilegiato. Lavorare insieme è un’opportunità per tutti, un servizio che deve essere sfruttato dagli associati e più in generale per gli interessi della community IP.
Certo, tutto questo solidamente fondato su una moltitudine di dati!
Diffondiamo una cultura dell’acquisto originale
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